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20 ottobre 2023

I limiti dell'economia lineare nel settore dell'Agri-Food

Il sistema produttivo alimentare globale è oggi sottoposto a una pressione senza precedenti. Si stima infatti che il 50% della produzione alimentare sia a rischio a causa dei cambiamenti climatici in corso, con conseguente incapacità di soddisfare una domanda crescente derivante dall'espandersi della popolazione mondiale. 

La principale sfida del settore, tuttavia, non è tanto quella di aumentare la produzione quanto di migliorare il modo di produrre cibo, per garantire una migliore gestione e tracciabilità degli alimenti, ridurre gli sprechi, rendere più efficiente e snella la catena di approvvigionamento e favorire la sostenibilità.

Gli impatti ambientali e sociali del sistema produttivo alimentare

A livello globale, l’industria agroalimentare rappresenta uno dei pilastri portanti dell’economia e dell’industria mondiale, generando un valore aggiunto di 3,4 trilioni di dollari e occupando circa il 27% della popolazione del pianeta. Attualmente essa rappresenta la principale responsabile dei fattori che causano il cambiamento climatico, di quasi un quarto delle emissioni di gas serra prodotte a livello globale, del degrado delle stesse risorse naturali da cui dipende, e dell’inquinamento di aria, acqua e suolo. Contemporaneamente, l’agri-food subisce anche le maggiori conseguenze negative da questi cambiamenti.

Il settore della produzione alimentare si basa su una filiera articolata che coinvolge una molteplicità di attori e attività che generano estesi impatti ambientali e sociali. L’agricoltura è responsabile del 70% dei prelievi idrici globali e costituisce la maggiore fonte di consumo di acqua dolce e dell’inquinamento idrico. La produzione di cibo causa l’80% della deforestazione mondiale, mentre attività come allevamento e agricoltura industriale hanno degradato il 75% del suolo a livello mondiale e inquinato i terreni a seguito dell'uso intensivo di pesticidi. L’impiego di sostanze di derivazione chimica si estende, infine, anche alle fasi di lavorazione dei prodotti alimentari, come i conservanti per evitare le perdite per marcescenza, additivi, coloranti ed aromi artificiali.

Il packaging e la distribuzione del cibo sono un ulteriore fattore critico: l’esteso utilizzo di confezioni e imballaggi monouso, tipicamente in materiali di origine fossile o poliaccoppiati, e le attuali difficoltà ad aumentare i tassi di riciclaggio dei materiali sono tra le principali cause di produzione di rifiuti sia a livello industriale sia a livello domestico.

La combinazione di queste attività intensive ed invasive sta quindi producendo una drastica riduzione della biodiversità ambientale, sia animale sia vegetale. L’attuale modello lineare nel settore agroalimentare presenta quindi numerose inefficienze lungo tutta la filiera, mentre il sistema di prevenzione e recupero degli scarti richiede un miglioramento sostanziale per ridurre gli sprechi economici e la produzione/riuso di rifiuti.

Le eccedenze alimentari e le inefficienze del sistema di prevenzione e recupero dei rifiuti

A livello europeo è importante sottolineare come i rifiuti prodotti dalla filiera agro-alimentare ammontino a poco meno di 400 milioni di tonnellate all’anno. In Italia le eccedenze alimentari ammontano a circa 5,6 Milioni, equivalenti a 24,5 miliardi di euro e corrispondenti a 24,5 milioni di tonnellate di carbonio rilasciate in atmosfera. La categoria di rifiuti più rilevante è quella dei rifiuti animali e vegetali (87 milioni di tonnellate), seguono i rifiuti in carta, vetro e metallo. Le quantità dei rifiuti delle varie filiere produttive del settore agricolo possono tuttavia essere valutate solo marginalmente, in quanto spesso gli scarti vengono riutilizzati come coprodotti o lasciati sul campo.

Secondo il World Economic Forum 2020, lo spreco alimentare costa all'economia globale 940 miliardi di dollari l'anno ed emette l'8% dei gas serra, e secondo la FAO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Alimentazione e l'Agricoltura) un terzo di tutti i prodotti alimentari a livello mondiale (1,3 miliardi di tonnellate edibili) vengono perduti o sprecati ogni anno lungo l'intera catena di approvvigionamento, per un valore di 2.600 miliardi di dollari. 

In Italia, il sistema di prevenzione e recupero dei rifiuti alimentari presenta aree di inefficienza. Nel 2020, lo spreco di cibo in Italia ha registrato una contrazione per via dell’emergenza pandemica, ma gli scarti sono ancora elevati: diventano rifiuti circa 27 kg di cibo pro capite, l’11,78% in meno (3,6 kg) rispetto al 2019. Si registrano complessivamente volumi sprecati pari a 5,2 milioni di tonnellate di alimenti provenienti sia dal consumo domestico che dalla filiera alimentare, per un valore economico stimato pari a circa € 9,7 miliardi (di cui oltre € 3,2 miliardi sono scarti in campo e spreco nella trasformazione, commercio e distribuzione).

Tra i principali problemi che si trova ad affrontare la filiera agroalimentare vi è, infine, la debolezza delle catene di approvvigionamento, debolezza che è stata aggravata dalla crisi Covid-19 e dalle restrizioni che ne sono conseguite. Già prima della pandemia, la supply chain della filiera soffriva di problemi quali la mancanza di tracciabilità, l’incapacità di mantenere un livello di sicurezza e qualità dei prodotti, una comunicazione inadeguata tra le parti, l’aumento dei costi della catena di approvvigionamento, il mancato rilevamento e controllo dell’inventario nei magazzini e nei negozi.

La necessità di un coinvolgimento attivo da parte di tutti i soggetti coinvolti

Le criticità evidenziate richiedono un coinvolgimento attivo e il contributo di tutti i soggetti coinvolti: il legislatore nell’incentivare e normare comportamenti più sostenibili, i consumatori nel modificare le proprie abitudini verso una maggiore consapevolezza dei propri comportamenti, il settore industriale nel creare modelli di business innovativi e profittevoli nel lungo periodo secondo le indicazioni normative emergenti e l’evoluzione della domanda. Solo un concatenamento di questi fattori potrà portare risultati durevoli capaci di garantire benessere e prosperità, senza compromettere il futuro del pianeta.